Cisternino

Paese medievale, arroccato su un bellissimo colle a guardia di un’amena splendida valle – scrive Raffaele Semeraro – senza risorse che non fossero quelle di un territorio limitato e per lo più boschivo. L’intera storia di Cisternino si permea delle vicende non già dei potenti e delle classi dominanti del paese, ma quasi costantemente di quelle degli umili, che creano giorno dopo giorno l’esistenza e il volto del borgo. Cisternino, senza dubbio, è stata punto di transito e anche luogo di sosta dei romani. Forse è venuto il tempo di riappropriarsi dei connotati primevi per dare alle nuove generazioni l’identità storica, sociale ed economica dell’antico centro e il senso della tradizione. Come in buona parte della Valle d’Itria, anche qui sono stati presenti i monaci basiliani a seguito delle persecuzioni di Leone III Isaurico e di Costantino V Copronimo.

Intorno al 1200 Cisternino era un semplice casale, non aveva ancora personalità giuridica. Né sorte migliore si scopre nel Rinascimento, quando è sotto il dominio della Repubblica di Venezia. Dell’antica Cisternino, il segno esteriore è nel centro storico, ove si leggono manufatti cinquecenteschi e seicenteschi, eretti con la costituzione a Comune nei periodi successivi. Sempre Semeraro: Case bianche sulla collina in un giuoco di linee, di ombre, di chiaroscuri, il tutto sommerso dall’azzurro denso e pur delicato del cielo. Strade strette a volte drammatiche, scale esterne che si svolgono in modo capriccioso e imprevedibile, le case ammucchiate, sembrano come lasciate così da un vento di burrasca, mòntano l’una su l’altra in strani ritmi di linee, si appoggiano con le pareti tra di loro in maniera incredibile. Eppure non c’è mai il senso del disordine, dell’irrazionale, ma una misura continua e sorprendente di creatività artistica, che si traduce in strana bellezza.

L’immensa Valle, che accoglie l’indescrivibile varietà di vigneti e di uliveti, è fra le più ricche e le più intensamente coltivate della Puglia. Non basta guardala da lontano, questa terra è coltivata dall’uomo con tenacia, con attaccamento più unico che raro, con lavoro lento e operoso, occorre percorrerla per godere di visioni veramente uniche, ove l’azzurro del cielo s’intreccia con i rami dell’ulivo e del mandorlo, del fragno e della vite e dove il sole si affaccia tra due coni di trulli e insieme soddisfano il desiderio del bello che non incontra nessuna possibilità di confronto in altre terre del mondo.